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giovedì 23 settembre 2010

Equilibrio e disciplina

"Andando a caso consideravo,
girando per strade vuote,
che l'equilibrio si vede da sè,
si avverte immediatamente".

Riflettevo, (parafrasando Battiato, in realtà) sui concetti di equilibrio e disciplina. Quando ti viene detto "non è importante quello che pensi tu, ma quello che devi fare" la domanda che sorge spontanea è: qual'è il confine tra la disciplina, che per sua natura modella lo spirito e per quanto dura è giusta, e la costrizione imposta per opinione personale e che il nostro buonsenso ci suggerisce arbitraria?
Come è giusto reagire ad un'imposizione che ci sembra tale, che non è nel campo dell'oggettività ma della soggettività? Sono abituata ad ascoltare i suggerimenti che il mio cuore, il mio stomaco (alle volte) mi danno, e sono abituata a disciplinarmi quando è necessario, anzi credo che imporsi dei limiti sia la vera strada per essere liberi, come diceva Gaber (stamattina mi arrivano suggerimenti dalle canzoni) "la libertà non è stare sopra ad un albero", ma credo anche che i primi a dovercela imporre, siamo noi stessi e l'imposizione che ci arriva dall'esterno debba sempre essere condivisa.
Quando il mio stomaco urla vendetta, quando il mio umore finisce sotto i piedi, faccio davvero molta fatica a credere che sia giusto così.

p.s:...d'altronde potrebbe trattarsi anche di orgoglio, chissà...ci devo pensare su.

5 commenti:

  1. Umpf… che difficile…
    La mia opinione è un po’ confusa, ma mi verrebbe da fare qualche ‘distinguo’, ma non so se ci riesco.
    ‘l’equilibrio che si avverte immediatamente’ io non lo vedo soggetto a limitazioni o auto limitazioni.
    lo vedo un passo più in là, ad un livello successivo, laddove limitare/tarsi non è più necessario, dove la presa d’atto e l’elaborazione del posto e del peso di ogni cosa è già avvenuta ed è già accettata completamente. Credo sia proprio questo che si ‘avverte’ ogni tanto, nelle cose, cioè una forma di armonia, e non una semplice ‘regolamentazione efficace’.
    Per quanto riguarda il ‘non è importante quello che pensi tu, ma quello che devi fare’ il tuo discorso è molto ‘astratto’, e lì per lì non riesco a collocarlo.
    A pelle mi viene da dire che non significa niente e non accetterei molto bene da nessuno una frase così. Quello che ‘devi fare’ non può prescindere da quello che pensi. Non dico debbano essere per forza in accordo, ma ‘dovere’ e pensiero sono costretti a fare i conti insieme con la situazione.
    se si vuole sott’intendere’ che il tuo pensiero è troppo diverso da quello che devi fare, allora conviene entrare nello specifico.
    Se un mio superiore sul lavoro mi dicesse una cosa così, vorrebbe dirmi che la direzione ha deciso di fare una scelta anche se io opterei per un’altra. In questo caso il dilemma per me si sposta: ovviamente faccio quello che devo, ma devo trovare il modo di ‘convivere’ serenamente con me stessa ed il mio lavoro, intimamente legato al mio modo di pensare (come per chiunque). Quindi, almeno fino a che non ci riesco (forse in un’altra vita…), addio equilibrio.
    Se invece penso ad esempi di tipo personale, di vita, la frase ‘pensiero troppo diverso da quello che devi fare’ è interpretabile in troppi modi.
    Ne scelgo uno, quello più vicino alle mie riflessioni degli ultimissimi anni:

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  2. In generale, io credo che ognuno debba prendersi le proprie responsabilità. Credo che le responsabilità si abbiano nei confronti, in primis, delle scelte che si sono già fatte in passato, e che non si possono misconoscere perché è cambiato il pensiero. Credo che ogni vita è un filo , Credo che l’armonia in una vita sia la capacità di non spezzarlo mai. Riempirlo di nodi è inevitabile, e se il mio pensiero mi porta verso altre scelte, devo cambiare tutto, certo, ma non spezzare il filo della mia vita. Non so come dirlo. Mantenere almeno una ‘coerenza intellettuale’ con me stessa.
    Lì dentro, nei nodi della mia vita c’è quello che ‘devo fare’, nel mio pensiero c’è chi sono o sto diventando, e forse quello che invece vorrei fare. C’è distanza tra le due cose, ma dei nodi della mia vita sono, almeno in parte, responsabile. Il prezzo che devo talvolta pagare per mie scelte precedenti, me lo carico orgogliosamente sulle spalle. (ogni tanto poso lo zaino un momento, ‘schizzo’ malamente, mi dispero, mi sfogo, rifaccio appello all’orgoglio e poi me lo ricarico sulle spalle…)
    L’importante è poter almeno finalizzare il dovere di oggi ad un progetto per domani più vicino al mio pensiero, così il mio filo continua a scorrere, tra un garbuglio e l’altro.
    ‘non è importante quello che pensi tu, ma quello che devi fare’
    Come vedi, io credo esattamente l’opposto di questo assunto. Ciò non toglie che quello che devi fare, che tu intenda il lavoro, la famiglia, un contingente inadeguato di qualsiasi tipo, se rientra tra le cose che tu stessa ritieni di dover fare per forza, tanto vale vedere il perché vale la pena farle, e finalizzare l’obbligo all’intenzione.
    Un esempio per tutti: lavoro per mangiare. Fine nobile, il mio lavoro, infondo, no? Il mio lavoro mi fa schifo? Mi faccio il sangue marcio, e lo sopporto perché intanto mi sto cercando un altro lavoro.
    Sul disciplinarsi, non ho mica capito… disciplinarsi? :P

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  3. Questo genere di commenti mi fa pensare che si, faccio bene a scrivere questo blog, ne vale la pena. E' chiaro, entrerò nello specifico a voce, non mi sembra la sede corretta per farlo, preferivo trattare l'argomento più astrattamente, anche se, mi rendo conto, senza una sufficiente spiegazione dei fatti diventa un po' difficilino.
    Sento però di sposare quasi totalmente il tuo punto di vista, ho fatto riflessioni molto vicine alle tue.
    Il post, in realtà dovrebbe inaugurare una nuova etichetta:
    emboli, botte di sclero e sfoghi ;-)

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  4. credo di capire perfettamente cosa intendi.....peccato che non è così chiaro proprio a tutti!!!!!!
    :)

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